Chi siamo

Benvenuti! Sono Franco Fissore, titolare di FISSORE CERAMICHE.

L'azienda è nata nel 1970 grazie alla volontà e alla tenacia dei miei genitori. All'inizio commercializzammo materiali per l'esterno, ma nel 1980 i miei genitori ebbero l'intuizione di scommettere sulla ceramica.

Ho iniziato a lavorare qui nei primi anni ottanta e nel 1988 ho incontrato mia moglie e insieme abbiamo scelto di iniziare un progetto di lavoro. Da allora in poi, la mostra è cresciuta, l'attività è cresciuta fino a diventare il business di oggi. È una delle migliori aziende in Italia non solo grazie al fatturato, ma anche per la difesa del MADE IN ITALY.

Com'è nato Fissore.com

Questo sogno è stato realizzato grazie anche ai miei dipendenti: con la loro dedizione abbiamo affrontato insieme le crisi economiche e le sfide che il mercato di oggi, in costante sviluppo, ci presenta. La ricetta del nostro successo è il coraggio di tornare al tavolo e ricominciare dall'inizio, anche quando pensiamo di essere arrivati all'obiettivo. Durante gli ultimi anni, i miei tre figli hanno preso parte a questo progetto.

Oggi l'azienda ha più di 40 dipendenti , di cui più della media è responsabile della vendita.

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Anni di esperienza
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Clienti soddisfatti
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Prodotti in catalogo
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Dei migliori marchi

I nostri valori e impegni

Fissore srl offre ai propri clienti i migliori marchi presenti sul mercato di piastrelle, piastrelle in legno, sanitari e rubinetterie. La nostra azienda si ispira a tre principi: trasparenza dei prezzi, centro logistico e magazzino collocato accanto alla mostra, titolari sempre disponibili dipendenti. La presenza dei titolari garantisce la soluzione immediata ai problemi che possono sorgere Sempre nell'ottica per affrontare tutte le sfide che il mercato moderno ci presenta, nel 2015 abbiamo iniziato a vendere su Internet.

Assistenza nella Detrazione Fiscale

Supporto tecnico e commerciale

Il nostro staff è sempre disponibile per fornire supporto tecnico e commerciale sia prima che dopo l'acquisto. La soddisfazione del cliente è la nostra priorità.

Prezzi competitivi

Garantiamo i migliori prezzi del web, rendendo l'accesso a prodotti di qualità più conveniente e alla portata di tutti.

Ampia scelta di brand

Con centinaia di brand rinomati a disposizione, da Fissore.com potete sempre trovare il prodotto più adatto alle vostre esigenze.

Perché Scegliere Fissore.com?

Grazie all'ampio stock che abbiamo a nostra disposizione composto da prodotti di 'alta qualità, Made in Italy, abbiamo avuto l'opportunità di utilizzare un nuovo modo di vendere, il sito di ecommerce Fissore.com. Abbiamo cercato di utilizzare, nella vendita su Internet, la stessa filosofia di Fissore spa, quindi: ampia scelta, trasparenza dei prezzi e prodotti pronti nel magazzino. Con questa disponibilità possiamo consegnare prodotto di alta qualità in tutta Italia in un giorno.


Intervista a Franco Fissore

Estratto da "Moncalieri Oggi"
del 1° agosto 2025
a cura di Remo Bassetti

Spiegare su un magazine dedicato a Moncalieri chi è Franco (più precisamente, Francesco detto Franco) Fissore e di cosa si occupa la sua azienda sarebbe offensivo per lui e per i moncalieresi, oltre che inutile. Per me che ero forestiero, Fissore si è rivelato in breve un personaggio intrigante e sfaccettato, che abbina il pragmatismo dell’imprenditore a una sottile e trasversale cultura, una naturale gigioneria a un apprezzabile low profile, una cura maniacale degli affari a una riconosciuta e non ostentata generosità.

Ci sediamo nella sua stanza preferita di ritiro (quella del caffè, fra l’altro) al piano superiore del vasto show-room in Strada Carignano. Intorno ferve un cantiere di ampliamento. Nella sua dinamica e propositiva irrequietezza, del resto, Fissore è egli stesso un perpetuo cantiere umano. Nel preparare le mie interviste su Moncalierieoggi provo di solito a raccogliere informazioni di corridoio, a ricercare qualche imbeccata anche da chi non ha simpatia l’intervistato. Premesso che Moncalieri non mi pare una città di malevoli, il compito con Fissore si è rivelato particolarmente arduo.

A chi mi posso rivolgere per sentir parlare male di te? Sei cosciente che è un problema trovarne? T’inorgoglisce? Mi dai due dritte su chi mi devo rivolgere per sentire peste e corna?

A livello personale sarò di certo criticato… a livello pubblico non parlano male di me perché applico quell’educazione etica che ho avuto da una famiglia antica. Ne sono uno degli ultimi esemplari, famiglie piemontesi col padre-padrone e dove però era la madre che faceva le scelte più importanti. Infatti il mio legame familiare più profondo è con lei.

Riesci ancora a vivere con lei momenti intensi?

Certo. Ci faccio anche tutte le mie vacanze estive, stiamo insieme noi due nella casa di Loano.

E il padre-padrone come ti inquadrava?

Pensava che fossi il più incapace della famiglia. Ho tre sorelle e un fratello, a scuola ero quello che andava peggio. Tornavo con note sul registro e bitorzoli sul corpo.

Eri un duro insomma.

No, frequentavo la scuola del quartiere, che era molto popolare Tra gli anni 50 e 60 c’era una grossa fabbrica di logistica dell’esercito che fu abbandonata, e i primi immigrati, tutti uomini, la occuparono. La chiamavano Carborundum, un metallo che serve per tagliare le pietre. Venne assaltata l’8 settembre del ‘43, era piena di pneumatici e vestiario, fu depredata e dopo la guerra non serviva più. Quelli che la occupavano erano bravissima gente che veniva a cercare un onesto lavoro, come oggi tanti immigrati che purtroppo si accontentano di dormire dieci in una stanza. Quando trovavano il lavoro si spostavano dalla caserma e si creavano la famiglia. Io ero bambino, uno ti faceva un dispetto, si arrivava alle mani e poi si diventava amici. Quello che pensava di metterti sotto, se reagivi, anche se gliele davi, entravi nel suo rispetto.

Magari non troppe perché se no si incazzava…

Te ne dava più lui, ma intanto non eri diventavo un quaquaraquà. Io ero più fortunato, nato in una famiglia non benestante ma dove si mangiava a pranzo e cena e si compravano le scarpe quando avevi bisogno: all’epoca non era scontato. A questi ragazzi mancavano pure i quaderni. Fu una prima scuola di vita nella quale il mio pensiero politico si è formato inconsciamente, ho capito che molta gente è disadatta perché la sua situazione economica è tragica, come oggi dato che la storia si ripete. Di questi compagni di scuola alcuni si sono fatti l’ergastolo, altri sono diventati dirigenti di azienda. Ecco, riprendiamo la questione di dove cercare le persone che mi criticano: i miei amici facoltosi mi rimproverano lo sguardo troppo progressista.

E in quale palestra politica si è poi affinato quello spirito?

Appartenevamo alla Dc ma al gruppo che di riconosceva a Torino nella DC di Zaccagnini, Martinazzoli, Donat Cattin, Bianco.

I cattocomunisti.

Sì, eravamo i cattocomunisti, ci trovavamo seduti in una stanza per terra e parlavamo di politica. Questa cosa mi è rimasta. Il progresso vuol dire trascinarsi anche la gente meno abbiente verso una situazione di serenità economica, e sua volta questo porta a essere tutti delle persone più ricche. L’errore è che i ricchi vivono di posizione. Io penso che le tasse patrimoniali non sono una cosa sbagliata, se sono intelligenti. Devono puntate a obiettivi mirati.

Sono d’accordo, un legame diretto con la destinazione le aiuterebbe a essere apprezzate.

Meloni ha fatto delle proposte intelligenti: certi soldi non vanno nella casse in generale ma devono solo essere spesi per obiettivi dichiarati. La patrimoniale potrebbe essere utilizzata metà per pagare il debito pubblico e metà, che so, per le scuole. Quando io discuto di queste cose mi prendono per cretino. Dicono: tu saresti la prima vittima. Ma se noi guardiamo solo l’orticello, alla lunga l’orticello diventa più povero. Io che ho un’azienda abbastanza grande mi rendo conto che in questi anni ho perso una bella clientela: persone che non avevano il cellulare, non andavano a mangiare fuori, non c’era la gara a vestirsi e in ferie si andava una settimana o due, e quindi si risparmiava. Però era una clientela che si comprava la casa e se la aggiustava, ora si è dimezzata e non è un bel segnale. Questo è un modo di vivere sudamericano che anche i governi sovranisti tendono a riprodurre, i ricchi rimangono ricchi e i poveri rimangono poveri. Alcuni pensano che io sia di sinistra per fare il radical chic ma il mio pensiero è più nordeuropeo, portarsi appresso tutti quanti nella ricchezza.

Tu sei un finanziatore ma di tutti, mi risulta.

Sì, penso che uno deve partire dalla propria cerchia familiare e poi offrire risorse al territorio. Io voglio molto bene a questa città perché ha dato tanto alla mia famiglia. Noi siamo immigrati, veniamo da Bra, eravamo gente di campagna. Moncalieri mi ha dato un’opportunità per la quale io non potrò mai avere parole di ringraziamento a sufficienza.

Come la vedi realisticamente questa che è ormai la tua città?

Moncalieri paga lo scotto di essere troppo vicina a Torino. Tutti i ministri della Repubblica avevano la casa a Moncalieri, il Real Collegio era la Bocconi dell’epoca, se Torino fosse a 30 km di distanza avrebbe tutta un’altra prospettiva. Pare che il padre di Leopardi fosse più bravo del figlio, se non lo avesse avuto sarebbe annoverato tra i grandi intellettuali italiani. È quello che capita a Moncalieri. Finanziamenti equanimi anche in politica? Io tendo ad aiutare coloro che vogliono bene a Moncalieri, che siano di destra o sinistra non me ne importa. Ci sono due visioni complementari, a sinistra pensano ai concerti e alla cultura, ed è importante. La destra è più concreta su certi aspetti, occorre aiutarli tutti e due, la città ha bisogno di una visione industriale su cui la sinistra è più carente.

La sinistra poteva fare di più?

Le amministrazioni vanno viste sempre quando non ci sono più. Io lavoro molto con la zona di Parma e Reggio Emilia dove i produttori non vendono il prodotto doc al pubblico, ma lo portano al consorzio, perché il consorzio stabilisce il prezzo ma impedisce di venderlo troppo in fretta. Lì non lo chiamano consorzio, lo chiamano casaro. Un brutto giorno scoprono che il casaro ha rubato. Lo buttano fuori, ma lui era bravo a vendere, mettono una persona per bene e vanno in fallimento. Ecco, a Moncalieri abbiamo avuto sindaci che hanno fatto errori umani ma hanno avuto intuizioni eccellenti e portato avanti la città. Poi abbiamo avuto sindaci onesti e bravi che non hanno fatto nulla per la città. Dare un giudizio è delicato.

Paolo Montagna?

Questo sindaco, essendo giovane, ha avuto la capacità di aggregare tantissimo i giovani rispetto ai sindaci. Secondo me non ha avuto la visione di crearsi un gruppo di consiglieri, delle commissioni. E ritengo abbia sbagliato riguardo allo sviluppo industriale. Dobbiamo capire che Moncalieri è una zona speciale perché ha due ingressi di autostrada, ha dei territori che certo vanno messi in sicurezza ma nel frattempo hanno bloccato questa zona enorme che doveva svilupparsi. Il sindaco non ha avuto l’energia di andare a battere il pugno in Regione. Dal 2017 dopo l’alluvione in questa zona non c’è nessuna prospettiva che si sblocchi, dovevano metterla in sicurezza e non l’hanno fatto. Via Postiglione è bloccata perché il piano regolatore ostacola aziende importanti che vogliono ampliarsi, io farei una deroga tipo del dieci per cento per l’ampliamento. Il sindaco dovrebbe andare in Regione e spiegare che serve una deroga. Non so se andrebbe a buon fine ma certe battaglie bisogna farle. Al contrario, quella per l’ospedale è inutile: che lo mettano dove vogliono. Abbiamo perso dieci anni a litigare dove farlo, dovevamo mollare subito. Quando vado in ospedale non vado a piedi o in bicicletta, vado in macchina dove si trova l’ospedale. Io, avendo una visione pragmatica e industriale tendo a cercare un risultato che non vada oltre i cinque anni.

I dazi ti disturbano?

Molto. Nell’acquisto. Per esempio ho dovuto ridurre il settore del legno perché l’Europa ha daziato la Cina su qualsiasi prodotto che contenga il legno, per favorire i tedeschi però, non gli italiani. Noi, a differenza loro, non riusciamo a comprare in Croazia o Slovenia il legno che ci serve.

Quindi questi dazi ti hanno fregato, non quelli di Trump.

Lì è più complicato. I dazi danneggiano perché scompensano continuamente le condizioni di mercato, creano incertezza. Ti faccio un esempio: la guerra commerciale si ripercuote sui trasporti dei container. Nell’arco dell’anno i noli per uno stesso container variano dai 3500 ai 10.000 euro. Quando poni un ordine su Cina o India, ci va il tempo della produzione e il materiale viene spedito se va bene dopo sei mesi. Capisci quanto stravolge i conti che nel mentre il costo dei noli che va su e giù per queste guerre commerciali, sia raddoppiato.

Mi dai una definizione quasi filosofica delle ceramiche? Abbiamo idea di cosa dicano di una civiltà i motori o l’abbigliamento. Ma le ceramiche?

Dovrei farti pagare per questa risposta!

Ma no, mi contento di una suggestione giornalistica.

Gli italiani sono gli unici sono in grado di togliere un pezzetto di terra con l’argilla, e sotto c’è la manna o il tufo. Noi prendiamo quel qualcosa che costa un euro a tonnellata e creiamo qualcosa che viene venduto a cinquanta euro a metro quadro, creiamo la vera ricchezza. É la forza della manifattura dell’ingegno accoppiata alla grande capacità della meccanica italiana, noi siamo i primi a fare i forni per le piastrelle in tutto il mondo sfruttando la tecnologia italiana accoppiata ai nostri designer. I russi non sono capaci di vendere quello che la terra gli regala. Un popolo che per vivere deve trasformare cambia la mentalità di un paese rispetto a quello che ha l’uranio o il petrolio, che una classe politica pigra. Noi per vivere dobbiamo inventarci, per lo più importando le materie prime. Tuttavia, persino l’argilla scarseggia in Italia, la compriamo in tutto il mondo. Comunque le rivendiamo mille volte.

Insomma il simbolo della creatività. Così anche per il futuro?

Il quadro sta cambiando, la ceramica c’è il rischio che diventi un pavimento per i poveri. Abbiamo venduto a indiani, cinesi, turchi spagnoli la tecnologia e loro riescono a produrla con un quinto del costo. Stiamo facendo molte meno piastrelle come quantità, non è calato il valore del fatturato perché è aumentato il prezzo del prodotto, ma questo equilibrio che potrebbe crollare. Se la Spagna o la Turchia diventano più appetibili dal punto di vista del design siamo fregati. In più i nostri architetti cominciano a consigliare il parquet o le moquette, che provengono dall’estero.

E la tua azienda come sta reagendo?

Stiamo diversificando sull’arredamento di interni perché in quel campo nessuno è in grado di copiare l’Italia, di mettere insieme la produzione e la moda. Arrivano a copiarci quando noi siamo già avanti, in una nuova moda. Nel fatturato come azienda, siamo scesi dal 70 al 50 per cento del totale riguardo alle piastrelle e così, abbiamo deciso di inserire l’arredamento di qualità. Il 30 per cento dei sanitari è rimasto uguale.

Qual è la cosa che ti dà più soddisfazione vendere?

Il mio massimo appagamento è quando un cliente compra da noi e ci dice: non ho comprato guardando il prezzo. L’arredo di interni sfocia già nell’arte. Diciamo che la cosa più bella da vendere è la cosa inutile da interni. Esistono oggetti che non ci riponi dentro molta roba ma cambiano l’impatto estetico dell’ambiente.

Tipo una credenza.

Esatto. I complementi d’arredo che tutti gli ospiti chiedono: ma dove l’hai comprata?

Una cosa che non rifaresti nella vita?

Ho accettato di candidarmi 30 anni fa nel Partito Popolare per la Provincia. Era un posto perdente, c’era un seggio solo per il primo partito. Non c’era speranza, hanno chiesto a qualcuno che salvasse la faccia. Ma esporre la mia faccia mi ha portato male, la gente diceva: questo vuole fare il piccolo Berlusconi.

Un difetto che ti toglieresti?

La sincerità.

Non finti difetti!

Impulsivo nelle scelte.

È vero o leggenda che torni, e ti metti a letto alle nove e mezzo?

Vero, ma non è che vado a dormire. È il momento in cui riesco ad astrarre. Mi piace l’astrazione. Da bambino quando entravo nel letto sognavo di fare l’eroe, di essere un cowboy. Oggi mi piace ricostruire nella mente qualcosa di concreto

Astratto o concreto?

Ti faccio un esempio. Un mio cliente mi ha lasciato carte bianca per una casa in Francia molto bella. Venderò i materiali, per carità, ma non mi porta un particolare guadagno. E però mi piace tanto. Sto immaginando la casa, l’ho costruita, ho fatto nella testa. L’’esterno, gli impianti…

Questo lo pensi a letto?

Sì! Mi rilassa. Ti potrei raccontare ora in quale modo articolato questo edificio ha un consumo energetico quasi nullo. Ho progettato io uno scambiatore con i tedeschi. Vabbè, poi certe sere mi sposto anche fantasie più amene.

Sei un profilo pragmatico, poi sei venuto alla presentazione del mio libro sul silenzio e hai tirato fuori una serie di intriganti domande di astrazione pura. Leggi?

Eh, se ti dico cosa leggo…

Me lo avevi detto, il Corano. Ma non lo scrivere, la gente pensa che è strano!

E perché mai? Piuttosto, cosa ne hai ricavato?

Non l’ho capito. Così mi sono spostato nella lettura della storia, nelle biografie dei personaggi che hanno vissuto nella contemporaneità del Corano. Personaggi fondamentali che ti spiegano la storia di oggi, quella divisione tra sciti e sunniti senza la quali oggi questa intervista la faremmo in arabo.

Ma perché il Corano?

Dopo quello ho letto la Cabala. I cabalisti sono gli intellettuali dell’ebraismo. Cristianesimo, ebraismo e cattolicesimo sono religioni ma tutto il resto è dottrina. Ti devi comportare così, la fede è complicata, si trasmette in vari modi ma soprattutto ha una provenienza storica concreta. Maometto ha scritto di suo pugno il Corano, gli ebrei l’hanno scritta in mille anni. Qual è il tuo rapporto con la fede? Credo in Dio ma anche in tutte le sue declinazioni. In molte fedi chi non crede in quella fede va all’inferno. Io non penso che chi si è comportato bene venga sbattuto fuori dal Paradiso solo perché è nato in un posto dove esisteva un credo religioso differente.

E oltre ai libri religiosi?

Ogni tanto ci scappa qualche romanzo. E mi piacciono tanto le biografie, dei personaggi che hanno avuto un percorso umano significato, che sono venuti dal niente. Quelli che mi possono insegnare qualcosa e che hanno guadagnato la fiducia di chi era sopra e sotto di loro.

A Moncalieri la comunità esiste?

Doppia.

Quindi non esiste.

È vero che ci sono due comunità separate. Da bambini ci dicevano: ci sono quelli di Moncalieri alto e Moncalieri basso. Moncalieri alto parte da Testona e si ferma a un certo punto della collina, oltre la quale ci sono persone ancora più ricche. E Moncalieri sono Borgo San Pietro e queste borgate laterali. Io ho vissuto a cavallo tra le due comunità. Persino i preti erano diversi, a Moncalieri basso ne prendevano uno che al seminario volevano buttar fuori perché era troppo di sinistra. Peraltro, un prete dovrebbe essere di sinistra.

Quali sono le trasformazioni più profonde che producono le nuove tecnologie?

Stanno rovinando la gioventù, faccio tre esempi. Nessun ragazzo sa andare in nessun posto se non ha un cellulare in mano, e questo è già grave perché si perde il senso dell’orizzonte. È una carenza che si trasmette in generale alla vita, l’incapacità di andare senza uno strumento non è solo più stradale. Devi guardare l’influencer per capire come ti devi vestire. Altro esempio: la pornografia. Io non sono un bigotto, ammetto che persino la pornografia ha avuto una sua funzione ma oggi è fatta di violenze di gruppo, e i ragazzi sono anche attivi nel mostrarla. E infine, lo sviluppo dell’intelligenza. Io ho usato il regolo per fare calcoli, è più difficile che usare il cellulare. La cultura digitale porterà nelle scuole questi ragazzi a insegnare le materie per come le hanno apprese. Vedi, con questa casa in Francia sto lavorando con un architetto di ottant’anni che ha un’intelligenza straordinaria, che è partito dall’astrazione e poi il progetto si sviluppa in digitale. Alla base c’è quella capacità astrattiva, che ti fa capire come è dipinto un capitello o come arriva la luce su un quadro. Se tu la capisci perché ti spiegano la tecnica in modo analitico e analogico e poi la trasporti nel digitale hai un risultato magnifico. Temo che oggi ci sia questo sviluppo dell’intelligenza altissimo perché ci siamo noi che abbiamo imparato ragionando sui regoli e le cose analitiche e la stiamo capitalizzando sul digitale. Chi invece parla solo digitale non potrà andare tanto oltre. Come fai a spiegare a un ragazzo di oggi che se non sai mungere una mucca non capisci veramente come si fa lo yogurt? Io so anche mungere le mucche, da quando mio nonno me lo spiegava di bere il latte subito perché se lo metti in frigo il giorno dopo si formano i batteri. Il crollo della cultura classica porterà a un medioevo.

Ti metto in imbarazzo se ti domando chi vorresti come prossimo sindaco?

Non vorrei che fosse scelto un sindaco in base all’età o al sesso. Non mi fraintendere, ci sono donne o giovani che possono cavarsela benone ma non dovrebbero essere scelte perché rappresentano una categoria di genere o di età. Per dire, io conosco una persona che sarebbe degnissima di fare il sindaco, ma ha quasi ottant’anni, conosce Moncalieri in tutti i suoi aspetti.

Lo vogliamo dire il nome?

Uno come Giacotto, ti assicuro che sarebbe un uomo adatto. Certo, lo capisco che rischiamo di perdere i giovani, le donne e il sindaco. Però dico anche le cose come dovrebbero essere.

Ma tu faresti il sindaco?

Adesso ci sono i figli che stanno prendendo le redini dell’azienda e mi spiacerebbe abbandonarli. Al di là di questo, il guaio è che quando un imprenditore scende in politica tutti prendono come parametro Berlusconi o altri casi analoghi e danno per scontato che lo faccia per difendere i propri interessi. Parlando per me, posso giurare che non lo farei! Il mio motto sarebbe: “Che bello vivere a Moncalieri” e mi sforzerei di farlo calzare alla realtà lavorando a quegli obiettivi – empatia negli uffici, sviluppo industriale e sicurezza nelle strade – che a Moncalieri non sono mai stati mai raggiunti tutti insieme. Però lo so bene che nessuno è profeta in patria, e quindi appago il mio obbligo interiore di restituire alla città il tanto che mi ha dato continuando nel mio ruolo di imprenditore che porta ricchezza e che è pronto a sostenere chiunque voglia bene a Moncalieri.

Franco Fissore durante il colloquio ha silenziato tutti i tentativi di interruzione del nostro colloquio giunti dal suo cellulare. Ma l’ultimo richiamo è l’unico che non ha intenzione di procrastinare. Avverte sua moglie Carla che ha finito, scende subito. Con lei come ogni giorno ritornerà a casa per pranzo.

Cosa ha significato per te lavorare insieme a tua moglie?

Ho avuto veramente fortuna a conoscerla casualmente in spiaggia a Loano, sposandoci dopo pochi mesi. Ha creduto nelle mie follie e senza di lei non avrei potuto raggiungere i miei obiettivi. La differenza tra noi è stata solo nel fatto che quando c’era un problema in famiglia lei abbandonava senza indugio il lavoro e dava la precedenza giustamente alle cose che contano. Con la sua dolcezza e comprensione sono 38 anni che compensa i miei difetti. La risposta sintetica alla tua domanda è: condivisione, complicità e amore.